Gaspar Noè: la vita come impossibilità collettiva

Dalle cupe atmosfere, come le immagini che vi mostriamo, Gaspar Noè è un regista controverso capace di dividere le platee tra "i mi piace" ed i "non mi piace".
Eppure, con i suoi film riesce sempre nell'intento di creare riflessioni anticonvenzionali rispetto alla morale imposta, obbligandoci ad andare oltre i limiti ai quali la società ci soggioga.
Perciò, vogliamo aprire alcuni focus sul regista argentino, in particolare attraverso due suoi capolavori: Irreversibile (2002) e Climax (2018).

La prima operazione che compie il regista è quella di ambientare gli spettatori in contesti ordinari. Non c'è bisogno di spingere sull'acceleratore dell'inventiva, bensì trovare quella bestialità è molto più facile di quanto ci raccontiamo per ipocrita paura.
Dunque, Gaspar Noé è il regista dei vuoti, del nulla? No, se per metà dei film ci mostra scene che apparentemente pare siano ininfluenti ai fini delle trame, in realtà questo è un lavoro di furba e sottile intelligenza nel tracciare attorno alla platea i confini della quotidianità entro i quali creare squarci di violenza. In questo modo, l'effetto di osservazione critica è molto più vicina e forte a livello emozionale

Durante questo processo di risveglio delle coscienze, centrale in entrambi i film è la figura femminile. Con uno stile psichedelico e un linguaggio aggressivo di grande effetto, essa viene letteralmente esibita in quanto corpo, come soggetto e soprattutto oggetto di desiderio, e in quanto identità di genere disegnata dai contorni della società in cui è inserita, un'identità di genere spesso e volentieri tradita rispetto al nostro modo di intenderla non tanto per una questione di riconoscenze dei diritti, quanto più per attaccare quel guizzo borghese di ipocrita repulsione.
Il punto per Gaspar Noé sembra essere esattamente questo: la ricerca dell'animalità dell'essere umano che prescinde da qualsiasi etichetta gli si voglia affibbiare, una natura spogliata di getto con violenza dall'etica e liberata in tutta la sua energia deplorevole, depravata, passionale e profondamente erotica.

Pertanto, in ciasciuno dei due film i corpi vengono indagati costantemente e si pongono al centro dell'attenzione, interagendo l'uno con l'altro in maniera sfrenata, senza regole. 
In Climax si ammassano vere e proprie orge di corpi, fino a diventare sempre più irriconoscibili in quanto tali e assomilandosi, al contrario, a essenze animali, diaboliche, mostri infernali che riportano alla ribalta concretamente quegli inferi danteschi mostrando un lato recondito insito potenzialmente in ciascuno di noi. E se nel film è ironico che il responsabile di questa bestialità sia una sangria avvelenata chissà da chi, nella vita di tutti i giorni abbiamo scenari terribili all'ordine del giorno.
In Irreversible, invece, il corpo è aggredito, violentato, privato della sua facoltà di pensare, di scegliere e quindi di essere. Un corpo ridotto a mero involucro, violato sia così sia in qualsiasi pensiero, finanche lontano, di dignità. E alla fine, ci ritroviamo a empatizzare con la vittima ma anche e in particolare con il carnefice. Nessuno escluso, sia sguardi di donne sia sguardi di uomini, ci ritroviamo turbati e perplessi su scene che per quanto possano sembrarci lontane sono all'ordine del giorno.

Allora, Gaspar Noé viaggia nei meandri abissali di una violenza insita nella natura animale dell'essere umano, obbligandoci a metterci in contatto con lei criticamente. E infine, vige la sentenza: «Vivere è un'impossibilità collettiva», nei confronti della quale il regista si pone nei termini di una denuncia politica e sociale, al fine di risvegliare le nostre coscienze.

News pubblicata martedì 23 maggio 2023