Micheil Kobakhidze, la poesia del cinema breve a Trame e intrecci

Da martedì 10 dicembre 2019 a martedì 10 dicembre 2019

Inizio 18:00 Fine 21:00 Via Santa Sofia, 7 - Napoli (Napoli)

Martedì 10 dicembre 2019
Omaggi: Micheil Kobakhidze

ore 18.30
Giovane amore
(Molodaya Lioubov) Urss, 1961, 7', b/n
Di ritorno a casa dopo una spedizione, un giovane geologo scopre che la moglie non lo sta aspettando.
Giostra
(Carrousel) Urss, 1972, 11', b/n
Un uomo e una donna si incontrano in modo assolutamente casuale in una grande città. Poi si perdono, altrettanto casualmente.
La noce
(Qortsili) Urss, 1964, 23', b/n
Un giovane farmacista innamorato fantastica su come riuscire a sposare la sua amata.
L'ombrello
(Qolga) Urss, 1967, 19', b/n
Un ferroviere vive in pace con la sua amata. Un giorno irrompe nella loro vita un ombrellino, caduto da chissà dove.
I musicisti
(Musikosebi) Urss. 1969, 13', b/n
Due musicisti si incontrano. Ne sono felici, dapprima. Poi cominciano i dissidi.
En chemin
Francia, 2003, 13', col.

Un uomo cammina, trascinandosi tutti i beni che ha accumulato nel corso della vita. A un certo punto perde tutto ciò che possiede.


Un ringraziamento a Anna Kobakhidze e a Lasha Otkhmezuri.

Micheil Kobakhidze, o del cinema breve

Un ombrellino volteggia capriccioso sul ciglio di una strada, tra i campi, sotto un ponte, inseguito dal saltellìo morbido e cadenzato di due giovani innamorati che cercano di raggiungerlo, accompagnati dalle note ritmate e burlesche de “La Matchiche” di Mayol, motivo in voga ai tempi della Belle Époque.

Se si potesse racchiudere icasticamente in una sola sequenza di immagini il cinema di Michail Kobhakhidze, cineasta georgiano (è nato a Tbilisi nel 1939) dalla carriera singolarissima (la sua filmografia conta solo 6 cortometraggi girati tra il 1961 e il 2001: sei film in 40 anni, dunque), se una sola sequenza potesse rappresentarne l'emblema, questa appena descritta, tratta dal cortometraggio L'ombrello del 1966, potrebbe essere quella giusta. Vi si condensa tutto il suo sguardo originale sul mondo: poetico, fiabesco, umoristico, malinconico.


Del resto, come si potrebbe raccontare diversamente, il cinema di Kobakhidze, se non con immagini? (“Tutto è basato sulla plasticità del movimento, lo sguardo, la musica delle immagini, il sentimento. E' impossibile raccontarli, sono fatti per essere guardati. Prendiamone uno: Le Mariage . Cosa se ne potrebbe dire? Un ragazzo che si innamora di una ragazza che si sposa con un altro”, si legge in una sua intervista del 2006).

E così vengono in mente altre immagini, di altri luoghi, letterari questa volta, per cercare di penetrare nel mondo ineffabile del suo cinema. E il richiamo va immediato a Italo Calvino e alle sue “Lezioni americane”.


La Leggerezza, la Rapidità, l'Esattezza, la Visibilità e la Molteplicità sono i valori universali che Calvino intendeva “raccomandare al prossimo millennio” nelle conferenze che avrebbe dovuto tenere all'Università di Harward tra l'85 e l'86 (morì poco prima), valori che sembra siano rinvenibili, per la più parte, anche nei film brevi del maestro georgiano.


Già solo l'immagine dell'ombrellino volteggiante basterebbe a evocare l'idea della leggerezza. Che si diffonde però estesamente in tutti i suoi film, condotta da un linguaggio espunto da ogni elemento che potrebbe appesantirlo: niente dialoghi né voce narrante, solo musica, canzonette e rumori che cadenzano il progredire narrativo e gli conferiscono il tono lieve e malinconico (“la malinconia è la tristezza diventata leggera”, secondo Calvino), permettendo anche all'elemento umoristico di farsi strada; il plot ridotto all'osso (schermaglie amorose, giochi di innamorati, incontri e distacchi, dispute e rivalità) ; i personaggi non appesantiti da alcuna storia personale o psicologismo, e tuttavia capaci di rendere veri i sentimenti che vivono (un piano ravvicinato è sufficiente).

Si capisce allora perché la carriera di Kobhakhidze sia stata interrotta. Come si sarebbe potuta accordare quest'idea di cinema della leggerezza, questo linguaggio senza peso, con i grevi, duri dettami del realismo socialista (l'accusa che gli venne mossa fu di“formalismo” e di fatto gli fu impedito di continuare a girare)?

Ma l'economia espressiva del suo cinema, la concisione narrativa che gli dà efficacia e suggestione poetica sono i tratti che lo caratterizzano anche come cinema della rapidità. In cui, per esempio, è nel volgere di una giornata (Le Mariage citato) che cambia la vita di un giovane (innamoratosi di una ragazza, si reca da lei per chiederla in moglie, ma giunge proprio mentre lei si sta sposando con un altro). Oppure l'incontrarsi e il perdersi di due giovani secondo le stesse modalità: si incontrano all'incrocio di due strade che girano attorno a un isolato, si perdono sulle stesse (Carrousel,1962). Oltretutto, la rapidità è connaturata alla forma breve, prediletta anche da Calvino (“la mia opera è fatta in gran parte di ‘short stories'…”), e che in Kobakhidze trova compimento nella ricerca dell'immagine giusta, significativa, essenziale, esatta. Di quella esattezza che si oppone alla vaghezza, all'astrazione, alla genericità (“la peste” la definiva Calvino, quella malattia invalsa non solo nella letteratura, ma anche nella vita delle persone, delle società, delle nazioni che “…rende tutte le storie informi, casuali, confuse, senza principio né fine”).

Cinema infine della molteplicità: di significati che si addensano, si sovrappongono (eventi piccoli, minuti, che dischiudono un profondo senso malinconico della vita, dove tutto ciò che è cambia, dove tutto passa ma vale la pena di essere vissuto pienamente, dove si manifesta il senso precario e fugace dell'esistenza); di registri che si alternano come gli stati e le vicende di cui è intessuta la vita di ognuno di noi.

Siamo tutti sospesi per aria come l'ombrellino, sembra volerci dire Kobhakhidze, sospinti dal vento, dai capricci, dal desiderio, dalla ricerca del mistero: non ci è dato altro che inseguirlo e perderci dietro di esso.